Giornata dell'Adozione Responsabile
- nuovospazio cinofilo
- 13 apr 2018
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 14 apr 2018
PROGRAMMA DELLA GIORNATA
11.00 intervento dell’ istruttore cinofilo Carlo Pirola sul tema dell’adozione.
12.00 presentazione delle guest star della giornata, i nostri ospiti a 4 zampe dell’associazione Amici trovatelli.
14.30 inaugurazione del nuovo percorso mobility con esibizioni e gioco per tutti.
Durante il corso della giornata verranno svolte delle interviste per far esprimere a chi desidera, il proprio punto di vista, motivando le proprie scelte in fatto di adozione.
Quale adozione?
È un’idea diffusa che accogliere un cane proveniente dal randagismo, o adottarlo da un canile-rifugio, sia alla fine sempre la stessa cosa.
La realtà è un po’ più complessa. Soprattutto nelle regioni del Centro-Nord, adottare un cane di canile è oggi un comportamento guidato e consigliato, e assicura alle famiglie una tracciabilità, una storia personale del nuovo amico, che è di grande aiuto nella sua gestione, e nella comprensione dei suoi bisogni e motivazioni.
Al contrario, gli adottanti sono più esposti a imprevisti e sorprese se la scelta cade su altre “modalità” di acquisizione, più brevi, per non dire a volte sbrigative, che non assicurano più loro una conoscenza reale del carattere e della natura generale del cane, che viene così scelto solo da una foto o da brevissimi video, e spesso sull’onda dell’emozione del momento.
Già da anni, molti canili-rifugi europei hanno optato per metodi di presentazione dei loro ospiti ai futuri adottanti, basati sulla presa di coscienza, e sulla profonda consapevolezza delle caratteristiche del futuro cane di casa. Alle famiglie si forniscono descrizioni e informazioni precise, e i tempi dell’adozione contemplano una fase preliminare di reciproco affiatamento. Questo approccio più maturo è ormai praticato anche in Italia dalle maggiori associazioni dedite al recupero, accoglienza e accudimento dei “senza casa”. Malgrado la loro stimabile azione, le conseguenze della deregulationnel mondo dell’adozione si fanno sentire come un effetto boomerang.
Negli ultimi anni, proprio in Italia molti etologi, comportamentalisti e cinofili sensibili ai fenomeni reali, e non virtuali, stanno sempre più spiegando che non tutti i cani sono uguali, che c’è differenza tra un ‘cane del villaggio’, un semi-selvatico che vive solo ai margini degli insediamenti umani, o un cane di famiglia ceduto in canile perché non più gestibile, o perché ormai sentito come un impedimento.
Adottare diventa oggi una scelta imperniata sull’acquisizione di nozioni, sulla preparazione all’accoglienza, e su una visione finalmente matura delle diversità animali.
Meticcio o cane di razza?
Un’altra idea molto radicata è che il meticcio sia meglio del cane di razza. O l’esatto contrario, che a ben vedere è una credenza altrettanto falsa. Nei canili-rifugi troviamo un po’ di tutto, e non dobbiamo fermarci ai preconcetti. Il setter e il classico “lupetto fantasia” sono altrettanto intelligenti, o astuti, o pigri.
Ci accorgeremo piuttosto che un cane molossoide, come bulldog e amstaff, si diverte di più a fare giochi lotta, e che un bassotto o un Jack Russell adorano scavare o cercare in buchi e tane… ma non stiamo discutendo di competenze cognitive, bensì di motivazioni di razza che riscontriamo di volta in volta anche in tanti meticci o incroci più o meno identificabili.
Partiamo da un’idea incrollabile: il cane è un cane, e ha diritto alla sua vita da cane. Non è un gioco per bambini, né uno strumento terapeutico psicosociale, né il palliativo di un’umanità che scarseggia.
Prenderlo e portarlo nella nostra vita è un atto di bontà, ma è anche la rivendicazione di una vita domestica sempre più latitante dai nostri ritmi quotidiani. Il randagio, come anche il cane di canile, non è più facile o difficile di un cane di allevamento. Sono tutti cani, tutti uguali sotto il sole e sotto la luna. L’importante è comprenderne i bisogni e i piaceri preferiti, e unirli ai nostri.
Il fenomeno del randagismo e la dimensione “canile”: un po’ di numeri
Quando andiamo a vedere i dati disponibili su quanti siano i cani non “di famiglia”, ci si apre un mondo parallelo, e ancora troppo poco noto. I numeri a nostra disposizione sono veramente interessanti e… impressionanti.
Gli ultimi dati nazionali ufficiali risalgono a un resoconto nazionale sul randagismo, pubblicato nel 2008 dal Ministero della Salute, e sono quindi poco utili.
Dalla Regione Lombardia [1] abbiamo notizie più aggiornate. Nel 2015 i cani “detenuti” nelle strutture sono stati stimati in 131.302: 13.064 nei canili sanitari, e 118.238 nei rifugi.
L’indagine più recente e approfondita ci arriva dal Rapporto LAV sul Randagio [2]: “Nel 2016 (…) i cani presenti nei canili-rifugio sono di meno rispetto al 2006: tenendo conto delle Regioni e Province Autonome per le quali abbiamo dati ufficiali, il loro numero è diminuito di circa il 26% con-28.000 soggetti. Dai 107.000 circa del 2006 si è scesi a 79.000 circa nel 2016. Nel 2016 a parità di Regioni analizzate aumentano gli ingressi nei canili sanitari: 65.009 contro i 63.632 del 2015. In totale, al netto di Calabria e Campania, gli ingressi dello scorso anno sono stati pari a 81.443”.
Tutti questi dati assumono un significato tutto particolare quando si passa alle stime dei cani liberi sul territorio nazionale: non si sa quanti siano davvero i randagi in Italia. L’ultima stima del Ministero della Salute sui cani risale al 2012, e va dai 500.000 ai 700.000. E se consideriamo che la mortalità dei cani randagi e vaganti è alta, è chiaro a tutti che le vere politiche da applicare vanno decisamente verso il contenimento demografico mediante campagne di sterilizzazione e gestione sul territorio, ma soprattutto di maggiore consapevolezza culturale. Se al Centro-Nord il cane “scomodo” viene avviato al canile, al Sud è ancora una regola diffusa l’abbandono in strada, come ci segnalano le molte associazioni che in tali regioni vivono quotidianamente questa lotta culturale e animalista.
Come accogliere un cane in famiglia
Molte famiglie preferiscono adottare un cucciolo o cucciolone, di razza o meticcio, ritenendo che sia più facile e rapido adeguarlo al proprio stile di vita, mentre un cane adulto rischierebbe di destabilizzare le abitudini e i ritmi domestici. Ancora di più, molti temono che un cane adultoe di canilecostituisca un’ulteriore difficoltà.
C’è un fondo di verità in questa idea. Bisogna però considerare che crescere un cucciolo implica attenzione, pazienza e tempi dedicati, mentre un adulto richiede un impegno minore. Quanto al suo carattere di base, o siamo molto bravi nella scelta del cucciolo, o ci facciamo consigliare da persone esperte, o ci affideremo alla buona sorte. Agli adottanti resta poi l’importante compito di fornire l’educazione, così come a dei figli, e fare in modo che le regole della convivenza reciproca rimangano condivise per sempre. Per spezzare una lancia a favore dei cani adulti, non tutti sanno che durante i primi mesi di adozione anche loro tornano in qualche modo cuccioli, particolarmente disposti ad assecondarci, sempre che trovino coerenza e affabilità nei nostri comportamenti.
Le domande importanti, e le risposte necessarie
In vista dell’ingresso definitivo in famiglia, dovremo comunque prepararci, e organizzare tutto per una buona riuscita. Magari è il nostro primo cane, e istintivamente reputiamo di essere già all’altezza della nuova esperienza. Ma qualora fossimo già navigati in materia, è sempre una buona norma porci un po’ di domande… e trovare in tempo le risposte giuste!
Quale taglia o razza o tipologia è giusta per noi? Possiamo in qualche modo prevedere quale sarà il suo sviluppo fisico e caratteriale? Casa nostra, che sia una villa o un appartamento, è ben disposta e protetta per accoglierlo? Cosa è meglio dargli da mangiare? Abbiamo letto qualche libro che ci spieghi con chiarezza come “parlano” i cani?
Qualunque sia il cane da noi prescelto, dovremo assisterlo nell’assumere alcune competenze importanti, stando bene attenti a rispettare il suo carattere e ad affrontare insieme eventuali sue difficoltà. I nodi principali da risolvere saranno l’adeguamento dei suoi comportamenti all’ambiente domestico, insegnargli a rispondere ad alcune richieste salva-vita, come il richiamo, il fermarsi, l’essere in buon collegamento con noi, e ancora di più imparare a sopportare la solitudine in casa, a sporcare in esterno, ad essere il più possibile socievole con i propri simili, con le persone e con gli ambienti in cui ci capita di vivere, sempre con un occhio logico alla misura delle situazioni e degli inconvenienti.
Houston, abbiamo un problema
Non sempre le cose vanno come pensavamo. Non c’è niente di più triste del vedere le relazioni che non funzionano. Nelle nostre esistenze, sia umane che animali, i contrasti e le differenze devono esserci. Anzi costituiscono il sale della vita. Ma a volte, e quasi all’improvviso, tutto ci sembra impossibile. Non è mai veramente all’improvviso, ma ci sembrava che le cose potessero funzionare comunque. Chi si occupa di problemi delle relazioni e del comportamento cane-uomo conosce bene questi momenti terribili.
Nella vecchia cultura “canina” c’era un po’ la regola che gli animali, e i cani per primi, devono comportarsi bene, a prescindere da come siamo noi con loro, dalle nostre incoerenze, dai nostri pressapochismi. Del resto, si insisteva, noi siamo gli esseri superiori.
La condanna, in questi casi, era immediata e irrevocabile: l’allontanamento dalla famiglia, dalla casa, dalle abitudini e dai comfort della vita domestica. Ai cani non restava – e ancora oggi capita – che finire al canile, come in un dimenticatoio.
Oggi le cose vanno pian piano cambiando in meglio. I “canilacci” sono stigmatizzati dall’opinione pubblica, e le forze dell’ordine sono sempre più sensibili alle nuove normative riguardo al benessere animale. Non solo. I cani ospiti dei canili-rifugi sono accuditi da personale sempre più preparato, e le loro eventuali problematiche comportamentali vengono adeguatamente affrontate, e più che si può risolte. E ancora di più. Nuove figure professionali sono da anni disponibili per intervenire in famiglia all’insorgere delle prime difficoltà di convivenza: veterinari comportamentalisti, counselor, educatori e riabilitatori cinofili.
Può bastare? Possiamo dirci quasi contenti?
Adottare un cane è riprenderci un pezzo di vita, tornare quasi normali. E responsabili.
Buone adozioni!
[1]Fonte: Regione Lombardia.
[2]http://www.lav.it/news/dati-randagismo-2017
A questo link https://goo.gl/bcU6Pd trovate l'articolo del Corriere[.]it
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